I PIR alternativi dietro le quinte

PIR Alternativo: un investimento sulle PMI Italiane

Cos’è un PIR Alternativo? L’etichetta PIR significa Piano Individuale di Risparmio, che non dice molto sul contenuto.

Si tratta di un’iniziativa del 2017, che aveva la finalità di spingere gli investimenti domestici sulle Piccole Medie Imprese italiane.

Il paradosso del nostro paese è che pur essendo gli italiani degli ottimi risparmiatori, gran parte degli investimenti finisce, attraverso fondi e polizze, in altri paesi più attraenti dal punto di vista dei mercati.

La spinta a investire in PIR è data dalle agevolazioni fiscali messe a punto dal Governo: esenzione da imposte di successione e nessuna tassazione sugli interessi, quindi esenzione anche dal Capital Gain. In sostanza, il 26% di risparmio fiscale sulle plusvalenze.

I vincoli

La regola prevede che l’investimento debba essere mantenuto per 5 anni, pena la perdita degli incentivi fiscali. Tuttavia, va ricordato che, nel caso in cui si disinvesta prima dei 5 anni, lo strumento verrà trattato fiscalmente come qualsiasi altro investimento.

L’investimento massimo è di 300.000 euro l’anno per cinque anni, per un totale di 1,5 milioni. Il che non significa che non si possano investire cifre superiori, ma il beneficio fiscale sarà applicato per l’ammontare massimo.

Il PIR deve essere sottoscritto da persona fisica residente fiscalmente in Italia per godere delle agevolazioni fiscali. Un punto molto delicato: il sottoscrittore può investire solo in un PIR, ma può sottoscrivere contemporaneamente sia un PIR che un PIR Alternativo, in quanto le soglie di beneficio sono completamente diverse.

Quale tipo di investimento?

Il PIR alternativo è l’evoluzione delle precedenti versioni e ha visto la luce nel 2020. Dall’inizio del 2021, le aziende del settore hanno iniziato a utilizzare il contenitore PIR Alternativo con varie declinazioni, quali ELTIF, SICAV, Fondi e, nel caso di SCM, peraltro unico, una linea di Gestione Patrimoniale.

La legge, infatti, non introduce una nuova forma di investimento, ma sancisce semplicemente che la forma di investimento deve essere “PIR Compliant” ovvero deve investire secondo le regole dettate dalla norma sul PIR.

Quindi, si può sottoscrivere qualsiasi OICR (Organismo di Investimento Collettivo di Risparmio), una polizza, una linea di gestione patrimoniale o, addirittura, può essere un semplice Deposito Titoli.

Conclusioni

Cosa significa tutto questo? Che il PIR ha solo vincoli per l’accesso alle agevolazioni fiscali, ma non ha una forma propria, perché la forma la eredita dallo strumento sottostante. Ad esempio, in una Gestione Patrimoniale che per definizione deve essere liquidabile, non vengono utilizzati strumenti illiquidi o non quotati. Nell’ELTIF (European Long Term Investment Funds), altro esempio, si può investire in aziende non quotate. Ne consegue che la rischiosità dell’investimento non è legata al PIR, ma allo strumento sottostante che determina il set regolamentare.

Vero è che sono strumenti che investono prevalentemente in PMI, quindi con un potenziale elevato grado di volatilità, perché il PIR alternativo prevede almeno il 70% dell’investimento in aziende italiane che non appartengano al FTSE MIB o FTSE MID. In altre parole, aziende che non siano fra le prime 100 quotate.  Il restante 30% può essere investito in qualunque asset.

Concludendo, il PIR Alternativo in sé, non è né illiquido, né più rischioso di un altro investimento azionario. È un’asset class con prevalenza azionaria, con alcune peculiarità fiscali. Il PIR alternativo può essere facilmente liquidabile e rischioso come qualsiasi altro investimento azionario, a condizione che si scelga uno strumento coerente. Il resto è rumore.

La nostra linea PIR Alternativo Compliant

PIR Alternativi